Asia-Pacific in negativo ma il Nikkei 225 guadagna lo 0,21%

Dopo un moderato recupero per Wall Street (migliore dei tre principali indici newyorkesi il Nasdaq, apprezzatosi dello 0,74% mercoledì), alla riapertura degli scambi sui mercati asiatici la tendenza è stata invece maggiormente contrastata e alla fine di fatto in negativo. Gli investitori prendono fiato dopo il sell-off di martedì ma il dato sui prezzi alla produzione Usa, nonostante un moderato rallentamento, non fa che confermare i timori sul perdurare dell’impennata dell’inflazione, in vista del meeting del Federal Open Market Committee (Fomc) di 20-21 settembre.

Per il FedWatch Tool di Cme Group adesso ci sono il 70% di possibilità che la Federal Reserve (Fed) decida per un altro incremento dei tassi Usa di 75 punti base, come fatto in giugno e luglio, e il 30% per un rialzo di 100 punti. L’ipotesi di un passo indietro a 50 punti base non sembra credibile.
Mentre i corsi del greggio recuperano terreno (anche grazie a un possibile sciopero per il settore ferroviario in Usa), il clima complessivamente negativo viene confermato dalla flessione intorno allo 0,30% dell’indice Msci Asia-Pacific, Giappone escluso.

Sul fronte valutario il Bloomberg Dollar Spot Index, paniere che monitora la divisa americana nei confronti delle altre dieci principali monete, è in crescita di circa lo 0,10% a fronte di un declino intorno allo 0,30% per lo yen sul biglietto verde.

La valuta nipponica si era apprezzata di oltre l’1% mercoledì, dai minimi in 24 anni sul dollaro, dopo che il Nikkei aveva riportato che la Bank of Japan (BoJ) avrebbe condotto un controllo dei tassi con le banche in quello che sarebbe il prologo di un intervento diretto per contrastare la debolezza dello yen.
A Tokyo il Nikkei 225 guadagna lo 0,21% (andamento simile per l’indice più ampio Topix, in rialzo dello 0,15%). Sul fronte macroeconomico, in agosto le esportazioni dal Giappone sono rimbalzate del 22,1% annuo, in accelerazione rispetto al 19,0% di luglio ma sotto al 23,9% del consensus di FactSet.

Le importazioni sono invece cresciute del 49,9% annuo, contro il 47,2% precedente. Il risultato è stato un deficit della bilancia commerciale sostanzialmente raddoppiato a 2.817 miliardi di yen (19,7 miliardi di euro) dai 1.434 miliardi (10,0 miliardi di euro) precedenti.

La People’s Bank of China (PboC) mantiene invariato al 2,75% il tasso sulla medium-term lending facility (Mlf) a un anno, dopo averlo tagliato di 10 punti base in agosto.
L’istituto centrale di Pechino ha parallelamente iniettato 402 miliardi di yuan (57,9 miliardi di euro) di liquidità nel sistema finanziario del Paese attraverso Mlf e reverse repo a sette giorni. Contrastate le piazze cinesi. A meno di un’ora dal termine delle contrattazioni Shanghai Composite e Shanghai Shenzhen Csi 300 perdono infatti oltre l’1% entrambi, contro una flessione ampiamente superiore al 2% per lo Shenzhen Composite.

In positivo invece Hong Kong: l’Hang Seng guadagna circa lo 0,30% (fa poco meglio l’Hang Seng China Enterprises Index, sottoindice di riferimento nell’ex colonia britannica per la Corporate China, con un progresso intorno allo 0,40%). Perdita di circa lo 0,20% per il Kospi di Seoul, mentre a Sydney è stato dello 0,21% il rialzo dell’S&P/ASX 200 in chiusura.

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