Spagna pronta a investire 12 miliardi nei chip, ma le aziende non ci stanno

I colossi internazionali preferiscono investire in Germania, dove il settore è già avviato. Il progetto del governo spagnolo rientra nel più ampio piano europeo di servire il 20% del mercato globale di semiconduttori entro il 2030 | La Cina è prima al mondo per la costruzione di nuove fabbriche di chip

La Spagna sarebbe pronta a investire 12 miliardi di euro per costruire da zero un settore domestico di semiconduttori, ma il piano presenta un ostacolo: le società non vogliono aderirvi. Spaventate da un investimento a lungo termine le aziende preferiscono espandersi in altri stati membri, come ad esempio la Germania dove il mercato è florido e soprattutto già avviato.

Il progetto del governo spagnolo fa acqua

Eppure, quando il governo aveva presentato il progetto due mesi fa i produttori aveva dimostrato un certo interesse. Tuttavia, come ha risposto il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, alle domande di Bloomberg, le società hanno bisogno di tempo per decidere su un investimento di questa portata. Per questo motivo, il ministro è rimasto “pienamente fiducioso che queste conversazioni daranno presto i loro frutti con annunci importanti”.

Secondo il piano del governo, una parte dei fondi sarebbe investita in progetti di ricerca attraverso il network europeo Ipcei Microelettronica, mentre la restante favorirebbe lo sviluppo di realtà minori sul territorio. Inoltre, l’investimento ha un valore strategico per lo sviluppo del settore auto domestico, che rappresenta il 10% del pil spagnolo.

Le grandi del settore preferiscono altri Stati

Secondo Bloomberg, la Spagna avrebbe provato ad attrarre Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (Tsmc), ma il colosso sembrerebbe più incline ad accettare l’offerta tedesca e aprire una fabbrica in Sassonia dove l’industria è già solida. Le trattative tra Berlino e Tsmc vanno avanti da più di un anno, ma secondo l’agenzia americana, è improbabile che la decisione venga presa a breve. Ancora, lo scorso marzo, l’industria tedesca aveva ricevuto un grande impulso quando Intel aveva annunciato un investimento di 17 miliardi per costruire un sito produttivo all’avanguardia a Magdeburgo. Anche oltralpe il settore continua a crescere: lo scorso mese Global Foundries e Stmicroelectronics hanno presentato un progetto da 5,7 miliardi per la produzione di chips a basso consumo. Secondo una fonte di Bloomberg, la Spagna potrebbe ricevere fondi dall’Unione per ospitare una linea di produzione pilota da Imec, un centro di ricerca con sede in Belgio.

Dopo il Covid-19, Ue e Usa investono nel settore dei chip

Dopo aver testato con mano le difficoltà legate ai blocchi delle catene di approvvigionamento lo scorso autunno, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno aumentato la produzione di semiconduttori per ridurre il più possibile la dipendenza dal Taiwan e dalla Corea del Sud. Come ha evidenziato Bloomberg, nel 2019 i due Paesi costituivano il 50% della capacità del settore. Con Giappone (16%) e Cina (12%), la percentuale del mercato servito dall’Asia raggiungeva il 78%. Il resto era diviso tra Nord America per l’11%, l’Europa il 3% e altri Paesi il 7%. Nel 2020 l’Europa ha raggiunto il 10%.

Stretta dalla competizione degli Stati Uniti da un lato e dei Paesi asiatici dall’altro, dopo la pandemia l’Unione europea si è posta l’obiettivo di produrre un quinto dei semiconduttori mondiali entro il 2030. Con il Chips Act europeo, sancito all’inizio del 2022, l’Ue si impegna a fornire agli stati membri il supporto necessario per potenziare le tecnologie del settore, raggiungere la transizione digitale e rafforzare la presenza del continente nel mercato internazionale. Anche gli Stati Uniti stanno correndo nella stessa direzione: la scorsa settimana entrambe le camere del Congresso hanno approvato un Chips Act che prevede 52 miliardi di dollari in incentivi per la produzione nazionale di chips. (riproduzione riservata)

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