Cina e carenza di chip pesano sulla trimestrale. Anche General Motors limiterà le assunzioni

L’utile della casa automobilistica cala del 40% nel secondo trimestre. +5% i ricavi a 35,76 mld. Le attività in Cina perdono 100 mln. Già simulati scenari di recessione, confermati i target 2022 | Ford supera General Motors per capitalizzazione

Cina e carenza di chip pesano sulla trimestrale di General Motors che limiterà, come altri big, le assunzioni. Il colosso automobilistico statunitense, che ha confermato la stima di utile per l’intero esercizio in scia a un previsto aumento della domanda, ha infatti ammesso che sta frenando le spese e le assunzioni in vista di un potenziale rallentamento economico. E nel trading pre-mercato a Wall Street il titolo scende del 3%.

L’utile cala del 40% nel secondo trimestre anche a causa della carenza di chip

L’utile netto della casa automobilistica di Detroit è calato del 40% nel secondo trimestre rispetto all’anno precedente a 1,69 miliardi di dollari, o 1,14 dollari per azione, a causa dei problemi alla catena di approvvigionamento, inclusa la carenza globale di chip per semiconduttori (ha impedito all’azienda di spedire 95.000 veicoli ai concessionari). Gli analisti si aspettavano 1,20 dollari per azione. Invece, i ricavi sono aumentati del 5% circa a 35,76 miliardi con i prezzi medi delle transazioni aumentati di 6.600 dollari per veicolo nel periodo. Al contempo, la liquidità operativa netta si è più che dimezzata a 3,1 miliardi dai 7,2 miliardi dell’anno precedente.

Le attività del gruppo in Cina perdono 100 milioni di dollari

Note stonate anche il margine di profitto al lordo delle imposte in Nord America, sceso all’8% dal 10,4% dell’anno precedente, e le attività del gruppo in Cina che hanno perso 100 milioni di dollari nel trimestre a causa delle restrizioni per il Covid-19. L’ultima volta che GM in Cina ha riportato una perdita trimestrale è stata all’inizio del 2020, all’inizio della pandemia. Più in dettaglio, i ricavi trimestrali del gruppo in Cina sono scesi a 6,1 miliardi dai 9 miliardi dei primi tre mesi e dai 9 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente. Anche le consegne ai concessionari sono calate a 473.000 da 602.000 del primo trimestre e da 620.000 di un anno fa.

Già simulati scenari di recessione, confermati i target 2022

In ogni caso la casa automobilistica ha ribadito la sua previsione di un utile netto per l’intero esercizio compreso tra 9,6 e 11,2 miliardi e di un ebit rettificato tra 13 e 15 miliardi, prevedendo un forte aumento delle consegne globali nella seconda metà dell’anno. In una lettera agli azionisti, l’amministratore delegato, Mary Barra, ha sottolineato che la società “sta già adottando misure proattive per gestire i costi e i flussi di cassa” in vista di un possibile rallentamento dell’economia.

“Abbiamo anche simulato molti scenari di recessione e siamo pronti ad agire quando e se necessario”, ha aggiunto. La società, in particolare, ha adottato misure per compensare un’impennata dell’inflazione e altre sfide, ha detto il direttore finanziario, Paul Jacobson. “Abbiamo rallentato alcune assunzioni e rimandato alcuni costi e spese, che avremmo dovuto affrontare quest’anno, per cercare di bilanciarle con la pressione che abbiamo visto sia dall’inflazione sia da altre sfide nella catena di approvvigionamento”, ha spiegato Jacobson, assicurando che, comunque, General Motors non sta contemplando licenziamenti.

Resta il gap con Ford nei veicoli elettrici

Il colosso Usa sta per altro spendendo di più per aumentare le attività per produrre veicoli elettrici. Ma il volume di veicoli elettrici previsto nei prossimi due anni è più basso rispetto a quello della rivale Ford Motor che prevede di produrre 600.000 veicoli elettrici nel 2023. Il target di GM si ferma a 400.000 veicoli elettrici in Nord America “nel corso del 2022 e del 2023”. GM ha anche precisato di aver stipulato accordi vincolanti per garantirsi tutte le materie prime per le batterie dei veicoli elettrici necessarie per raggiungere il suo obiettivo di 1 milione di veicoli elettrici in Nord America nel 2025. (riproduzione riservata)

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